Di chemioterapia e leggerezza

Il cancro al seno si può curare.

Spesso, anche se non sempre, con esito positivo.

Esistono diversi tipi di cancro al seno e le scelte terapeutiche dipendono anche dalle condizioni cliniche della paziente, dallo stadio in cui viene diagnosticato il tumore. È importante quindi che tutte le figure specialistiche coinvolte nell’incontro settimanale di discussione dei casi delle pazienti si esprimano sul migliore percorso terapeutico,

Le terapie disponibili oggi per il tumore al seno includono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, le terapie ormonali e a bersaglio molecolare (dette anche terapie biologiche) … e le diverse tecniche possono essere utilizzate da sole o in combinazione / sequenza fra di loro. Una buona descrizione la trovate nel dossier dedicato di SaluteSeno.it.

E qui la mia amica Ivana vi racconta perché è importante accettare di intraprendere un percorso con le migliori cure disponibili, anche se molto invasive.

Io, come ho raccontato in Wonder Woman, ho affrontato le cure a passo di carica:

Siena-Milano, visita con il chirurgo, conferma dell’intervento per il 7 agosto, Milano-Siena, telefonata al marito, accordi con l’assicurazione, acquisto di biancheria e quant’altro necessario, richiesta di ferie, ricovero, esami, quadrantectomia, dimissione e week end a Milano. E poi la trafila: lavoro, medicazioni, lavoro, radio, lavoro, chemio, lavoro…

La chemioterapia che mi ha prescritto l’oncologa è “quella gialla” – tecnicamente CMF -, abbastanza pesante, ma non devastante: la nausea è sotto controllo grazie a farmaci di supporto, I capelli si sono diradati, ma la mia chioma alla Angela Davis resiste bene. Sono stanca, ma dormo 12 ore a notte per recuperare e lavorare durante il giorno, l’obiettivo è tornare prima possibile alla mia vecchia vita. Ma ho fatto i conti senza l’oste …

Arrivo a Milano per il secondo ciclo di chemio, faccio il check-in per il day ospital e mi fanno il prelievo di sangue per verificare i valori. Stranamente passa molto tempo prima che le infermiere mi chiamino per entrare nella sala in cui si fanno le infusioni. Quando nella sala d’attesa si affaccia l’oncologa e mi chiama, sudo freddo.

La mia oncologa è giovane, minuta, con dei bei capelli castani che tiene raccolti in una coda di cavallo. Quando ci siamo viste la prima volta durante il colloquio in cui mi ha spiegato il ciclo di cure che avevano stabilito, è rimasta molto colpita dalla freddezza con cui ascoltavo. Per questo mi tratta sempre, nelle visite successive, con grande empatia. Ed anche oggi non manca di farmi sorridere:

il tuo fegato è pigro

mi dice. Oggi non potremo fare l’infusione, aspettiamo una settimana e vediamo se sarà riuscito a smaltire la tossicità dei medicinali.

La mia freddezza in realtà è solo beata incoscienza (avventatezza, ingenuità, spensieratezza, …) e comincio allora a comprendere che il percorso potrebbe non essere pianificabile, potrebbero esserci degli ostacoli da superare. Allora le chiedo di spiegarmi quali potrebbero essere questi ostacoli e lei, con estrema franchezza, mi dice: ogni persona reagisce diversamente alle cure, descrivere tutti i possibili percorsi ed effetti collaterali potrebbe essere inutile fonte di preoccupazione.

Quello che mi stava dicendo, lo avrei compreso appieno solo molti anni dopo, e posso riassumerlo con una parola: leggerezza.

Nelle Lezioni Americane del 1989, Italo Calvino identifica la leggerezza come un’attitudine che abilita “la capacità di osservare le sfumature delle situazioni, l’intuizione, la capacità di ascolto dei segnali deboli, il seguire le tracce, la modestia, il lasciare che il mondo, che fa da sfondo, e le nuove combinazioni ivi costituite siano frutto di un atto progettuale leggero, che non sovrapponga l’ego e gli schemi concettuali precostituiti alle nuove soluzioni da ricercare”.

Per me che ero abituata a pianificare il mio tempo fin nei più piccoli dettagli era una novità. 

La settimana successiva feci la chemio, ma il problema si ripresentò. Allora i medici decisero di dimezzare la concentrazione di uno dei farmaci. E dopo un ciclo, la dimezzarono per tutti e tre.

dsc_0845I miei programmi furono stravolti e mi trovai a Miano, il 23 di dicembre, in day hospital, con le infermiere che indossavano orecchie di renna per rallegrarci. Non era più possibile pensare di mettersi in macchina ed andare via per natale e capodanno, e così passammo – io e mio marito – le feste in città, godendoci la reciproca compagnia.

Ripenso spesso al timballo di pasta, molto elaborato e divertente da preparare, che fu la nostra cena di capodanno (per me in realtà solo pochi bocconi …) ed è uno dei migliori ricordi che ho di quel periodo…

… insieme ad un “fegato pigro”, che da allora è stata la mia scusa migliore per giustificare la mia pinguedine  😉

Questo post fa parte di un progetto di diffusione di informazioni, legate principalmente al tumore al seno, ed organizzate intorno al mio percorso personale nell’affrontare la malattia, prima, e nel cercare di comprenderne, poi, tutte le sfaccettature. Qui trovate il post di apertura. Contribuite anche voi raccontandomi nei commenti le vostre esperienze.

Prosegue qui

Disclaimer

2 commenti

  1. Lida Bernardoni

    Marzo 1983, al ritiro di un pap-test una dolce volontaria insiste, insiste, ma insiste tanto , e quindi mi fermo ad attendere il medico per la palpazione del seno. Dopo una decina giorni, dopo una biopsia mi ritrovo davanti al medico in attesa dei risultati: operare subito. Era la settimana di pasqua, ricoverata e subito operata con la nuova quadrantectomia, e chemio gialla, e radioterapia. Le implicazioni “sentimentali” di questa cura rischiavano di farmi malissimo, anni prima con mio marito avevo passato due anni con il suo tumore incurabile e le sue chemio rosse debilitanti. Quelllo stesso luogo era un disastro sentimentale che mi avrebbe riportato indietro e impedendomi di lottare lucidamente, avevo una bambina di 8 anni!. E allora i due giovani medici, adesso grandi luminari, si offrirono di curarmi in reparto, evitandomi cosi quel che per me sarebbe stato insopportabile, tornare nel grande salone dell’istituto dei tumori di milano ė stata una lunga battaglia vinta.

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