Wonder Woman

Visita di routine, per il controllo dei denti. Il dottore mi propone un paio di piccoli interventi, che dovranno essere programmati, e intanto mi lascia nelle mani di T. per la pulizia.

Sono sdraiata sulla poltrona, lei – rotondetta e con le efelidi sul viso – si posiziona più in alto, sullo sgabello per cominciare il lavoro e insieme commentiamo questo maggio salentino, odoroso di vento e di mare goduto in anticipo.

«Ci sono andata anch’io con i miei figli in spiaggia, domenica scorsa» la sento dire «mi svuotano di tutta l’energia, specialmente il maschietto mi vorrebbe sempre giovane e attiva, mi coinvolge continuamente nei suoi giochi, ma io non ce la faccio»

Una frase che va così sorprendentemente oltre la chiacchierata di circostanza, fra due donne che non si conoscono…

La incoraggio con un sorriso e lei continua

«Ho sempre avuto difficoltà a farmi abbracciare e anche solo toccare dai miei figli. La piccola, nata a più di quindici anni dalla prima, è forte e indipendente, il maschio, quasi adolescente, sarebbe invece un gran coccolone, mi preoccupo di come la mia freddezza possa influire in futuro sul suo carattere»

Di solito molto schiva, mi sorprendo a pensare ad alta voce

«Forse dovresti parlare di questo con qualcuno, ci dev’essere una ragione emotiva profonda, su cui devi indagare, prima che ti faccia del male, e devi prenderti cura di te»

«E quando?» fa lei «Fra lavoro, figli e casa, non ho il tempo neanche di pensare. Tu, che sembri così dolce e serena, come hai fatto?».

Come in un gioco di specchi, rivedo gli ultimi trent’anni, l’anelito all’indipendenza, l’università, il lavoro sempre più impegnativo, la delega della gestione della casa e poi, più volte, gli interventi – anche economici – a supporto della famiglia, l’ansia di non poter mollare mai, che c’era sempre qualcosa o qualcuno che veniva prima. E con suo grande sconcerto rispondo

«Mi sono fatta venire un cancro, e neanche questo all’inizio è bastato»

È il giugno del 2008 quando per la prima volta sento che c’è qualcosa, sul seno destro, che non va. Il cancro al seno è di casa in famiglia, si è preso mia nonna Lucia e ha colpito mia sorella a 36 anni, fortunatamente con esito diverso. Il controllo annuale è fissato a fine luglio, non penso di anticiparlo. Si sa, noi wonder women siamo invincibili 😉

Il giorno della mammografia – 24 luglio – non sono sola, mia sorella è venuta a trovarmi a Siena e ne approfitta per fare anche lei il suo check up. Nonostante sia stupita della durata della mia visita, accetta di buon grado la scusa degli intoppi con la stampa della mammografia, che mi permette di rinviare di qualche giorno il confronto.

Il medico, molto preoccupato, mi ha dato il nome del suo amico M. per l’ago aspirato e la diagnosi definitiva. Lo chiamo e, nonostante le sue insistenze, trovo spazio nella mia agenda per l’appuntamento solo il sabato mattina. Si sa, noi wonder women non manchiamo mai al lavoro 😉

Il 26 luglio, dopo la visita e l’accordo di risentirsi dopo un paio di giorni per il responso parto in macchina per Milano, dove vive mio marito con nostro figlio. Non sanno ancora nulla, forse per non allarmarli inutilmente, forse perché comincia a farsi strada in me la consapevolezza che dovrò essere forte anche per loro e allora preferisco parlargliene di persona. Si sa, noi wonder women dobbiamo essere in control 😉

Il 29 mi chiama M. e mi dà appuntamento nel pomeriggio per consegnarmi il risultato. Arrivo un po’ prima del previsto e l’infermiera, incautamente, mi consegna una busta chiusa. Come mi aspettavo: carcinoma duttale. Non ho bisogno che mi spieghino cosa significa, so già che va eliminato al più presto e la mia esperienza di manager entra in azione: quando arriva M. gli chiedo di suggerirmi il nome di un chirurgo da contattare. Sempre più stupito per la mia reazione, M. mi accompagna al bar dell’ospedale, mi offre un caffè e mi chiede di aspettarlo lì perché si informi. Torna dopo 10 minuti con il nome di due chirurghi, entrambi di Milano e mi saluta augurandomi in bocca al lupo. Si sa, noi wonder women siamo sempre efficienti 😉

Il problema di contattare il chirurgo si risolve quasi da solo. Internet è il mio pane quotidiano, quindi – verificato con un paio di telefonate che non ci sono altre strade – entro sul sito dell’Istituto Europeo di Oncologia e compilo il modulo online per richiedere la visita senologica, a pagamento, con il primario. La mattina dopo, 30 luglio, sono in ufficio e sto studiando il regolamento dell’assicurazione medica quando mi raggiunge al telefono la segreteria del Prof. L. per dirmi che nel pomeriggio alle 16 il professore può ricevermi. Do un’occhiata all’orologio, calcolo mentalmente i tempi, confermo l’appuntamento e mi metto immediatamente in macchina.

Anzi, da quel momento divento una macchina: Siena-Milano, visita, conferma dell’intervento per il 7 agosto, Milano-Siena, telefonata al marito; accordi con l’assicurazione, acquisto di biancheria e quant’altro necessario, richiesta di ferie (si sa, noi wonder women in ufficio non ci mostriamo mai deboli, figurarsi ammalate ;), ricovero, esami, quadrantectomia, dimissione e week end a Milano. E poi la trafila: lavoro, medicazioni, lavoro, radio, lavoro, chemio, lavoro. Neanche la difficoltà con il dosaggio della chemio, che deve essere ridotto per ben due volte, mi scuote. Dormo 12 ore a notte per recuperare e lavorare durante il giorno, l’obiettivo è tornare prima possibile alla mia vecchia vita. Ma ho fatto i conti senza l’oste …

Agosto del 2009, la chemio è terminata a marzo ed io mi sento bene. L’anno prima le vacanze sono saltate, quest’anno ce le vogliamo godere, come piace a noi, in Salento, sugli scogli a picco sul mare. Il viaggio in auto da Siena mi dà le prime avvisaglie, dopo parecchie ore di guida all’arrivo sono molto stanca: sarà stato il lavoro, pensa wonder woman 😉

Il giorno dopo, mi avvio verso il bagnasciuga con mio marito e, una volta arrivata, non riesco a stare in piedi sugli scogli, io che su quella costa da piccola mi arrampicavo come una capra! Comincia così a farsi strada la consapevolezza che qualcosa è cambiato. Mi rendo conto che non riesco più a restare sveglia dopo l’ora di cena, che faccio fatica a portare pesi, che anche un bicchiere di vino mi dà alla testa, è come se fossi invecchiata, improvvisamente, di dieci anni.

Anche stavolta la mia razionalità prevale, consulto uno specialista di medicina dello sport che mi dicono faccia miracoli con la riabilitazione dopo gli infortuni in campo e lui, constatata la normalità dell’apparato muscolare, ipotizza che la chemio abbia in qualche modo aggredito il sistema nervoso centrale. «Sei come un pugile suonato dopo decine di match» mi dice «vediamo di rimetterti in forma». Comincio così un percorso che alla fine di dodici mesi, prima in piscina e poi in palestra, mi riporta alla normalità e mi permette di godermi nuovamente il mare ad agosto del 2010. Wonder woman è tornata !!

Oppure no ….

In questi tre anni molte cose sono cambiate: mio marito ha deciso di andare in pensione per consentirci di tornare a vivere nella stessa città; una pessima situazione economica nella mia famiglia d’origine si è risolta positivamente; ho cominciato ad occuparmi attivamente di questioni sociali ed a coltivare l’amicizia, come non avevo più fatto negli ultimi trent’anni; ho trovato il coraggio di lasciare un lavoro che drenava tutto il mio tempo e tutte le mie energie, per provare a realizzare il mio sogno – scrivere un libro.

E quando T., nello studio del dentista, mi dice quelle parole realizzo di essere una donna fortunata, perché il cancro ha ucciso qualcosa di me, che non aveva ragione di esistere: Wonder Woman.

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