Questo articolo fa parte di una serie di mie riflessioni sull’innovazione technology-driven, cominciata qui, articolo in cui anticipavo che l’innovazione va oltre la pura tecnologia, e qui, articolo in cui cominciavo a delineare gli aspetti che possono ostacolare l’innovazione.
Cominciate a comprendere che ci possono essere diversi approcci al cambiamento, e l’orientamento è quello di passare
- Da un approccio più tradizionale, in cui il cambiamento viene vissuto spesso dalle organizzazioni con un senso di perdita (di stabilità, ruoli, competenze, potere) e successivo adattamento e accettazione di un evento che ha causato una crisi. Spesso in letteratura trovate questo approccio riferito come «scongelamento-mutazione-ri-congelamento»
- Ad un approccio più innovativo, in cui l’organizzazione ha acquisito una cultura del cambiamento continuo, che vede un rimodellamento dell’ambiente attraverso lo sviluppo progressivo di capacità e competenze, spesso a fronte di variazioni nel contesto esterno. In letteratura questo approccio è riferito come «learning organization».
In qualche modo si passa da una visione meccanicistica dell’organizzazione, ad una versione sistemica (vedi qui per approfondimenti).
Una definizione moderna di «Change management» è quindi un approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che rende possibile (e/o pilota) la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato.
Il change management, così come viene comunemente inteso, fornisce strumenti e processi per riconoscere e comprendere il cambiamento e gestire l’impatto umano di una transizione.
Una buona metodologia di change management deve creare e mantenere coerenza fra l’informazione, generata dal processo di trasformazione, e l’organizzazione che la deve utilizzare (struttura, modello di funzionamento e persone) al fine di raggiungere obiettivi di performance organizzativa e di soddisfazione personale.