Misurare i costi della tecnologia o i servizi IT per il Business?

Questo articolo fa parte di una serie di riflessioni sull’innovazione technology-driven, cominciata qui.

Il passaggio da una misurazione dei costi IT e ribaltamento degli stessi alle unità di business in funzione dei fattori produttivi consumati ad un monitoraggio basato su metriche non soltanto tecnologiche, ma di servizio e di business può rappresentare un adeguato “collante” per le entità coinvolte nelle attività di governo dell’IT, ivi compresi i clienti interni, le società clienti e gli utenti finali.

Un esempio di come si può realizzare è in figura:

Catalogo dei servizi IT
Catalogo dei servizi IT

Il modello identifica nelle applicazioni di supporto ai processi del business gli elementi atomici di determinazione del costo per le business units, incorporando in ogni applicazione le fette di risorse e i servizi di gestione necessari a renderle disponibili ad un livello di qualità che viene negoziato e prende il nome di Service Level Agreement (SLA). In questo modo si traduce il linguaggio specialistico IT, in un linguaggio più comprensibile al business.

Come descrive in maniera molto dettagliata il report “Evoluzione dei sistemi di governo nelle istituzioni finanziarie” del CETIF

“Il processo di gestione dei livelli di servizio è tuttavia un processo complesso, che:

  • può essere sviluppato solo attraverso indicatori di volta in volta diversi (scelti in funzione delle finalità perseguite), di specie eterogenea, tra loro complementari; non ha senso, quindi, teorizzare un approccio universale alla misurazione delle performance attraverso i livelli di servizio;

  • deve essere inteso come un processo in continuo divenire, in grado non solo di interiorizzare ma anche di stimolare una riflessione critica sulle strategie adottate e sulle azioni poste in essere per realizzarle; perde significato, in questo modo, un approccio statico od occasionale alla misurazione delle performance;

  • si sviluppa secondo modalità differenti in funzione della tipologia di stakeholder (es. interni o esterni) interessati alle sorti dell’organizzazione;

  • deve forzatamente calarsi all’interno della realtà organizzativa, non limitandosi ad una valutazione complessiva dei risultati raggiunti dall’organizzazione nel suo complesso ma rendendo invece visibile il contributo delle persone e delle unità organizzative che la compongono;

  • non è fine a se stesso ma è efficace solo nel momento in cui riesce ad ispirare le azioni delle persone che operano nell’ambito dell’organizzazione (attraverso opportuni processi di analisi e reporting); una misurazione scientifica dei fenomeni organizzativi ma sterile perché incapace di orientare i comportamenti individuali verso un perseguimento “corale” delle strategie prescelte rappresenterebbe infatti una sovrastruttura inutile;

  • è prevalentemente finalizzato a stimolare un processo di apprendimento diffuso e continuo; l’idea di misurare i livelli di servizio per migliorare le performance (continuous improvement) prevale, in questo senso, sull’esigenza di misurare per tenere l’organizzazione sotto controllo.

Ogni impresa è dunque chiamata ad adottare una strategia di SLM (Service Level Management) necessariamente “unica” nel proprio genere, basata, tra le altre cose, sul proprio contesto dimensionale, modello organizzativo e background tecnologico e culturale.”

Per valutare il grado di maturità della propria azienda rispetto alle pratiche di IT Service Level Management, CETIF ha sviluppato modello su quattro dimensioni, legate tra loro da relazioni complesse, che vi invito ad approfondire qui.

Prosegue qui

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2 commenti

  1. Luigia Tauro

    Grazie Michela, come sai negli ultimi anni ho seguito di più le tecnologie nel mondo bancario e ti posso dire che, a parte qualche punta di eccellenza, anche in questo settore l’approccio alla misura del valore dei servizi ICT è ancora molto sperimentale. Negli ultimi anni poi, credo che le aziende si siano molto più concentrate sulla spending review che sull’innovazione di rocesso e di governance

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  2. Michela Fiorentini

    Sempre molto stimolanti i tuoi articoli, Luigia, che sto imparando a seguire appena possibile.
    Mi ha un pò turbato vedere che l’analisi Cetif è del 2007. Negli ultimi anni non ho più avuto occasione di seguire il mondo bancario, ma quello industriale (vuoi per dimensione tipica italiana, vuoi per scarsa cultura IT) è ancora così lontano da questi approcci, da far temere l’irrecuperabilità

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