C’è un tema che, purtroppo, non passa mai di moda quando si parla di lavoro: la differenza tra uomini e donne. Una differenza a volte sottile altre volte evidente ma comunque presente. Una differenza che fa pensare a quanto sia difficile scardinare una cultura basata sulla distinzione del genere e dei ruoli che, alla donna, non ha fatto molto bene a quanto pare.
Si parla spesso di retribuzioni diverse, di difficoltà nel poter ricevere incentivi, di diversità di trattamento, di ruoli manageriali che faticano a essere assegnati nonostante competenze e capacità e questi sono solo alcuni aspetti ai quali penso mentre scrivo.
Penso a quante volte ci viene richiesto di dimostrare quanto siamo capaci, a tutte le volte che ci mettono in discussione senza apparente e giustificato motivo, a tutte le volte in cui il nostro essere donne è oggetto e pretesto per metterci in situazioni poco gradevoli.
Forse è anche per questi motivi che le donne imprenditrici a conti fatti non sono poi molte in un paese, l’Italia, nel quale è stato stimato che nel 2017 le imprese a conduzione femminile rappresentassero solo il 21,86% rispetto al totale (fonte Unioncamere e InfoCamere).
Paghiamo non solo il forte stereotipo di genere ma, anche e soprattutto, lo scotto di una cultura che ci ha relegate al ruolo di madri, mogli e accudenti donne della casa. A questo aggiungiamo un sistema che non punta alla valorizzazione dell’imprenditorialità femminile, la difficoltà di fare rete in modo costruttivo per poter essere maggiormente strutturate potendo così accedere a finanziamenti e opportunità di supporto e sostegno, la scarsità informativa che, molto spesso, non condivide il potenziale offerto da bandi nazionali e internazionali che potrebbero dare fiducia e maggiore serenità nella scelta di intraprendere un percorso professionale da imprenditrici.
E poi, inutile negare, servirebbe un sistema di welfare che fosse davvero a sostegno delle persone perché se queste sono serene e sanno di poter essere supportate da servizi e strutture adeguate in grado di dare risposta alle necessità quotidiane il vantaggio si ripercuote senza ombra di dubbio anche nel mondo del lavoro.
Da ultimo ma non per questo meno importante serve potenziare le conoscenze indirizzandosi verso ambiti considerati maggiormente maschili come le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale, la robotica.
Serve essere ribelli, in qualche modo assecondando le proprie passioni da un lato e approfondendo ciò che per il futuro sarà parte integrante della vita d’azienda.
Oggi pensare di essere donna, imprenditrice e, se lo si desidera perché non è obbligatorio, moglie e madre può essere davvero complicato, il pensiero intendo immaginiamo tutto il resto.
In un contesto sociale in cui ancora, alle donne, viene chiesto di scegliere se realizzarsi personalmente o professionalmente consapevoli dei fatto che agli uomini la questione nemmeno si pensa di porla.
Interessante, per una volta, osservare come anche all’estero non tutto sia semplice e le difficoltà non manchino.
Non è quindi l’imprenditorialità il focus della questione ma, a quanto pare, l’essere donna.
Riflettiamo su questo e se avete storie che ispirano condividetele con me così da poter essere stimolo per altre donne. Nel mio piccolo, continuerò a intraprendere, con coraggio e senza paura, come ho sempre fatto.
La riflessione è stata ispirata dalla lettura di questa inchiesta:
https://www.economyup.it/innovazione/imprenditoria-femminile-cose-e-quante-la-fanno-davvero/