Il lavoro in Italia è già pieno di difficoltà e costellato di incertezza. Il lavoro in Italia, per una donna, è un percorso a ostacoli ed è fonte di costanti, enormi sacrifici e lotte contro il tempo (e non solo contro il tempo). Il lavoro in Italia, se sei una donna e se hai anche affrontato un carcinoma al seno, si avvicina alla frontiera dell’impossibile più di quanto non si possa immaginare.
Quando si affronta il tumore al seno, la vita di una donna si trasforma, in ogni sua sfumatura… non c’è più “la vita”, ma “la vita prima” e “la vita dopo” il tumore. Spesso, per queste donne, la salita più ripida ed insidiosa è proprio quella che ci si trova davanti quando arriva il momento di affrontare “la vita dopo”, il secondo capitolo… il ritorno a quello che si faceva prima, sapendo che non si è più la stessa donna di prima. Il rientro al lavoro può comportare diversi problemi per le donne giovani e comunque attive e produttive, fra i quali:
- Insufficienza e quindi superamento dei giorni di comporto per le dipendenti.
- Difficoltà a svolgere alcune mansioni e quindi demansionamento o cambio di tipologia di lavoro per le dipendenti, diminuzione della produttività e del reddito per le autonome.
- Atteggiamento pregiudiziale del datore di lavoro nei confronti della dipendente operata (con casi di licenziamento).
- Per le lavoratrici autonome: difficoltà a far fronte ai pagamenti Inps e Irpef.
E’ quanto emerge dalla ricerca Tumore al Seno: Il rapporto lavoratrice-azienda e il rientro post malattia, promossa da Europa Donna Italia e realizzata con il supporto di Euromedia Research, del giuslavorista Avv. Gabriele Fava, delle associazioni di pazienti, coinvolgendo e mettendo in campo risorse con competenze e skills di altissimo livello, che hanno donato investimento personale in termini di tempo, risorse ed emotività. Qui trovi il comunicato stampa emesso oggi e la sintesi dei risultati in un articolo de IlSole24Ore. L’obiettivo dell’indagine è stato quello di ascoltare i problemi, le difficoltà e le esigenze di donne che oltre a trovare la forza di ricominciare – superando il dramma del carcinoma al seno – sono costrette a farsi largo in una selva di procedure, moduli, richieste, autorizzazioni, norme confuse, informazioni inaccessibili sapendo che, il più delle volte, il loro è destinato a rimanere un coro di voci inascoltate. Quello che emerge come primo risultato della ricerca è che
la malattia e le sue dirette conseguenze interferiscono con le normali attività quotidiane per il 83,7% del campione:
si tratta indiscutibilmente di ospiti scomodi, che invadono la vita e la quotidianità dell’individuo. E’ da sottolineare come, restringendo il campo alla sola dimensione del lavoro, si registrino sostanzialmente gli stessi giudizi sulla malattia e sull’interferenza nella propria vita quotidiana (81,4%): nella quotidianità di una donna il complesso universo di attività, impegni e responsabilità, sono spesso vissute come più importanti del lavoro stesso. Ma anche quest’ultimo rappresenta una dimensione identitaria fondamentale, in grado di «ricostruire» la persona che ha vissuto una malattia grave e a volte invalidante.
Il tempo rappresenta la variabile più sensibile per le lavoratrici colpite da tumore al seno, che necessitano di una flessibilità oraria tale da consentire loro di coniugare i tempi del lavoro, i tempi di vita/gestione familiare ed i tempi delle cure e terapie.
Da questo punto di vista le aziende sembrano rivelarsi in generale molto collaborative rispetto alle esigenze e alle richieste delle lavoratrici oncologiche che richiedono agevolazioni al rientro dopo la malattia: oltre il 70% delle donne intervistate, che dichiarano di aver richiesto rimodulazioni sul contratto di lavoro, ha ottenuto una risposta positiva da parte dei vertici aziendali. Emergono tuttavia numerose problematiche esistenti sul piano delle normative a tutela della lavoratrice con tumore al seno. I risultati evidenziano anzitutto una incredibile difficoltà di accesso alle informazioni basilari: Il 62,5% delle donne intervistate, dichiara che il livello di informazione circa la normativa che le tutela è insufficiente e impone loro di ricercare autonomamente informazioni sui diritti spettanti per legge.
Spesso nessuno sa indicare con esattezza il percorso da seguire per potersi vedere REALMENTE tutelate nel rientro al lavoro.
Emerge infatti una eccessiva frammentarietà del sistema normativo a tutela del malato oncologico, che presenta spesso anche notevoli differenze tra i diversi CCNL, nell’ambito di un sistema di tutele parziali e non certe, che risentono della variabilità tra ciò che rientra nell’ambito dei DIRITTI della lavoratrice e ciò che rientra nelle FACOLTÀ del datore di lavoro. Qui potete leggere una prima bozza di analisi degli Istituti Normativi e dei CCNL. Il tema è quanto mai attuale in quanto si stima che in Italia 500.000 donne sono sopravvissute o tuttora convivono con il tumore al seno e come dimostra la recente notizia di una giovane donna licenziata a Roma, dopo che si era ammalata:
“è indispensabile aggiornare il sistema di tutele legislative, migliorandolo al punto da consentire alla donna malata di non dover perdere il suo lavoro senza pregiudizio per l’impresa. Le soluzioni le abbiamo ben individuate e indicate: sono semplici, chiare e tutelano tutte le parti in causa. È arrivato il momento di dotarci di un efficace sistema legislativo, all’altezza della situazione affinché casi simili non si verifichino più.” Avv. G. Fava
Come riporta Valentina Melis su un altro articolo de IlSole24Ore di oggi
“potrebbe essere l’attuazione del Jobs act il “treno” su cui far salire una maggiore flessibilità delle mansioni, anche a beneficio delle lavoratrici che hanno avuto una diagnosi di tumore al seno”
Questo è il motivo per cui Europa Donna Italia ha stilato un elenco di Proposte di intervento alle Istituzioni per facilitare il percorso di queste donne in azienda e in famiglia (come professioniste, lavoratrici, madri, mogli, figlie e comunque, sempre DONNE) sulle quali lavorerà nei prossimi mesi perché diventino presto realtà. Luigia Tauro – Consigliere Europa Donna Italia
Ottimo articolo, ottima iniziativa. Attendiamo con ansia l’estensione della ricerca di Europa Donna anche alle lavoratrici autonome perchè purtroppo quelli che per le dipendenti sono problemi e diritti incompleti, per le partite iva che si ammalano diventano diritti inesistenti del tutto. Speriamo di ottenere qualcosa di concreto anche attraverso la Petizione che c’è ancora in corso: https://www.change.org/it/petizioni/presidente-del-consiglio-diritti-ed-assistenza-ai-lavoratori-autonomi-che-si-ammalano
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L’ha ribloggato su Women Not Afraid e ha commentato:
Non posso esimermi dal rebloggare il post.
Grazie Luigia.
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